ORMEGGIO E DISORMEGGIO
Le cime di ormeggio secondo la loro posizione prendono nomi diversi.
Barbetta: è la cima data volta da prora alla banchina su di una bitta o anello posti a proravia della barca, oppure da prora all’anello di un gavitello. Anche il cavo di rimorchio prende il nome di barbetta.
Codetta: è la cima data volta da poppa alla banchina su di una bitta o anello posti a poppavia della barca. La barbetta e la codetta sono dette anche “cime alla longa”.
Traversini: sono due cime date volta una da prora alla banchina e l’altra da poppa alla banchina, perpendicolarmente all’asse longitudinale della barca. Assieme alla barbetta e alla codetta tengono la barca accostata alla banchina.
Spring: sono due cime date volta una a prora e l’altra a poppa e tra loro incrociate in modo che quella di prora arriva in banchina su di una bitta posta a poppavia, mentre quella di poppa arriva in banchina su di una bitta posta a proravia. Tengono la barca ferma impedendole di muoversi lungo la banchina.
La condotta di un’unità durante una manovra di ormeggio (attracco) o per lasciare un ormeggio, per dare fondo all’ancora, affiancare un’altra imbarcazione, superare passaggi stretti e ogni altra possibile situazione, richiede innanzi tutto una buona conoscenza della barca e poi un’attenta valutazione della situazione della zona dove deve avvenire la manovra (spazio disponibile, situazione del vento, del mare e della corrente, traffico locale, fondali, ecc.).
È importante ricordare che ogni barca ha le sue particolari caratteristiche tecniche e quindi di manovrabilità e ogni manovra ha le sue esigenze, ma entrambe richiedono regole comuni che vanno sempre osservate.
Regole generali d’ormeggio
Le dimensioni della barca, la lunghezza e la larghezza, devono essere tali che la stessa sia in grado di manovrare senza troppe difficoltà, evitando di urtare altre barche o le strutture portuali; la sua immersione deve essere sufficiente a garantire un galleggiamento libero dal fondale anche in caso di bassa marea e moto ondoso, e così pure per un ancoraggio, oppure per un passaggio in un canale stretto e poco profondo.
La barca deve rispondere al timone anche alle più basse andature. Manovrando a vela, si devono armare vele che per superficie e tipo consentano di essere facilmente regolate, se invece si procede a motore, il minimo deve essere ben regolato, pronto per ogni improvvisa inversione di marcia.
È pertanto necessario conoscere l’abbrivo della barca e l’effetto evolutivo dell’elica, lo spazio utile per arrestarla, e il raggio necessario per una completa accostata. Una barca costruita con lo scafo affilato e una chiglia lunga mantiene meglio la direzione di una barca con uno scafo largo e con poca immersione.
Più è pesante, meglio conserva l’inerzia, se ha una grande superficie immersa (deriva) risente meno lo scarroccio, al contrario di uno scafo alto di bordo e con poca immersione. Uno scafo con una pinna ha un raggio di accostata minore di uno con una chiglia lunga.
Prima di procedere all’ormeggio è doveroso:
Durante la manovra si deve:
Ormeggio al fianco
È l’ormeggio più comodo e sicuro se la banchina è ben ridossata dal vento e dal mare e la barca rimane ferma. Permette di salire o scendere agevolmente, e così caricare o scaricare pesi. Richiede però molto spazio, almeno quanto la lunghezza della barca, e la manovra potrebbe essere più difficoltosa. Purtroppo, con l’attuale sovrappopolamento delle marine è difficile che ci sia spazio sufficiente e nella maggioranza dei casi le barche vengono ormeggiate di punta.
Ormeggio in andana
E’ l’ormeggio al fianco di un’altra imbarcazione già ormeggiata, intendendo in seconda andana quando si è in seconda fila, oppure terza quando ci sono già due file e cosi via. Ormeggiare in andana, a volte, si dice anche ormeggiare all’inglese.
Ormeggio di punta
Si ormeggia di punta quando si vuole attraccare con la poppa alla banchina, oppure con la prora, perpendicolarmente ad essa. La barca deve essere trattenuta verso l’esterno con una cima data volta ad un gavitello, un corpo morto, oppure con l’ancora. È preferibile mettere la poppa in terra per vari motivi: rende più agevole la partenza in caso sia necessario lasciare in fretta l’ormeggio (per esempio a causa di un maltempo in arrivo per il quale l’ormeggio potrebbe risultare insicuro, per dare fondo all’ancora di prora, per agevolare le persone a raggiungere la banchina, molte barche hanno una passerella di poppa). Le cime d’ormeggio devono venire protette da sfregamenti che potrebbero danneggiarle, si possono utilizzare dei manicotti di plastica ricavati da tubi e posti nelle bocche di rancio (passacavi), dove le cime subiscono maggiore attrito. Alcuni per evitare gli strappi alle cime, dovuti ai movimenti violenti della barca in presenza di onde, sistemano delle molle d’acciaio inox inserite lungo le cime. Si possono anche utilizzare dei sistemi di fortuna nelle occasioni particolari durante le quali si è costretti a subire il mare restando all’ormeggio durante una crociera. Si adopera un copertone di ruota di motociclo (Vespa) che inserito a metà della lunghezza della cima con un leggero imbando tra i due punti dove la cima è data volta al copertone, durante gli stappi violenti si deforma assorbendo il colpo. Sia le molle sia il copertone servono quindi come ammortizzatori. Per lanciare una cima a terra bisogna prepararsi bene per evitare quelle penose scene quando, con la mano sinistra piena di un’indescrivibile matassa di cavo, con sforzo sovrumano, vediamo qualcuno lanciare con la mano destra un’altra matassa che, ben che vada, cade fuori bordo rischiando anche di finire nell’elica! Consiglio: Allenarsi prima.
La cima deve essere ben sistemata sulla coperta, “addugliata” (arrotolata a spirale), lontana da possibili parti dell’attrezzatura dove potrebbe impigliarsi e libera dai piedi. Con la mano sinistra, tenuta aperta, sorreggere parecchie duglie (spire) della cima e con la destra altre duglie, compreso il capo libero, con o senza gassa. La cima che pende tra le mani deve essere abbastanza lunga e libera da possibili impigli. Lanciare con tutto il braccio destro con un movimento ad arco dal basso verso l’alto (vedi lanciatore greco di disco), lasciando contemporaneamente che anche dalla mano sinistra scorra libera la cima. Ai mancini lascio adattare la tecnica alle proprie esigenze. La cima lanciata deve distendersi lungo il percorso e atterrare presso la persona che l’attende sulla banchina, il quale, con il braccio teso, deve afferrarla con una veloce torsione del polso e quindi tenerla anche con l’altra mano perché non scivoli in acqua per il peso.